In questi giorni gli abbonati di Prime hanno la possibilità di scoprire una tra le voci più delicate e poetiche del cinema giapponese indipendente contemporaneo: quella di Ryūtarō Nakagawa, classe 1990, regista e poeta, presente nel catalogo con tre film: Summer Blooms, (2018), Mio On The Shore (2019), Silent Rain (2020).
Nakagawa è un autore la cui sensibilità lirica trova espressione nei versi quanto nelle intense immagini delle sue opere: film silenziosi, quieti, che partecipano al dolore di un mondo travolto da inevitabili trasformazioni, morti e rinascite. In Summer Blooms è centrale l’idea della perdita: “forse la vita è davvero una questione di ciò che perdiamo. Ogni volta impariamo qualcosa in più su noi stessi”. Il regista è attento ad ambienti e paesaggi, fragili quanto i suoi personaggi; luoghi e figure umane si riflettono vicendevolmente, espressione di un sentimento fuggevole del vivere. Un tremulo raggio di sole tra le foglie, il buio umido dei vicoli, fanno da specchio alla solitudine di un volto o a un corpo che si trascina a fatica.
Nakagawa è giovane, ma la sua natura è orientata alla nostalgia di un passato più semplice e umano, fatto di tradizioni, botteghe artigianali, piccole attività prossime alla sparizione, di cui il regista coglie l’aspetto fantasmatico, fotografandone la presenza sempre più diafana e trasparente ai margini di Tokyo. Bellissime, ad esempio, le riprese documentarie nel quartiere di Katsushika, che Nakagawa inserisce all’interno di Mio on the shore. Il regista “sorprende” la finzione con segmenti di realtà, inquadrature statiche che contengono già una traccia di morte al loro interno. Mondi che stanno per svanire, come il vecchio mercato di Tateishi, sottoposto a un inesorabile mutamento e riqualificazione, vengono immortalati con spirito barthesiano: Nagakawa coglie un sorriso, una lieve tristezza; ferma qualcosa che “è stato”, un’immobilità viva. Citando ancora Barthes, le sue immagini sono pensose.
La macchina da presa osserva le strade strette dei quartieri tradizionali con i tipici izakaya, i bar, i chioschi economici, i vecchi e accoglienti sentō (bagni pubblici dove è possibile fare il bagno in vasche riscaldate). L’adolescente protagonista di Mio on The Shore si ritrova a gestire proprio un vecchio sentō prossimo alla demolizione; il regista lega il destino della timida, emarginata Mio al destino collettivo di un microcosmo di affetti più dolce e fraterno, lontano dai palazzi e dall’arida modernità. In Silent Rain un altro personaggio femminile, la giovane Koyomi, perde la memoria a breve termine, un evento al quale lo spettatore è tentato di attribuire un significato simbolico: il desiderio, forse, di “trattenere” solo il ricordo del passato, di quel piccolo chiosco di pasticceria tayaki nel quale Koyomi aveva lavorato ogni giorno, con strumenti tradizionali e vecchie ricette tramandate da generazioni.
Nakagawa è affascinato da un Giappone “lento” e gentile, dove i personaggi hanno il tempo di riflettere su se stessi e sul significato più autentico e profondo delle proprie vite. La stessa regia è lenta e classicista, affezionata ai pillow shot, agli interni meticolosamente arredati, alle inquadrature frontali perfettamente composte, ai dettagli e agli oggetti. È un cinema di grande sensorialità, che ci trasmette la sensazione di un bagno caldo con i suoi vapori, o il sapore di un dolce tiepido consumato nel rigido grigiore invernale. Il regista limita i primi piani, prediligendo un approccio discreto, sensibile, in contesti armonici e geometrie di grande bellezza. Le sequenze più drammatiche vengono spesso riprese in campo lunghissimo, lasciando la sofferenza in un indefinito di cui semplicemente ci è possibile intuire la gravità.
Quello di Nakagawa è cinema che pensa ed elabora poeticamente, fino a comporre il dolore in un orizzonte, nel rumore del mare, o in un paesaggio in cui la pena del singolo si unisce al brusio del mondo. Il titolo della sua ultima opera del 2022 è One day, you will reach the sea: un giorno raggiungerai il mare. Quasi un manifesto per il regista/poeta Nakagawa, cantore di un tutto in cui, prima o poi, troveremo il nostro posto.



























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