BROKEN RAGE (Burōkun reiji, 2024), Takeshi Kitano

La sinossi degli uffici stampa Amazon recita: “La prima metà è un violento film d’azione che si svolge negli oscuri bassifondi della malavita. La seconda segue la stessa storia, ma trasformata in commedia, una parodia completa, scena per scena, della prima parte.” Ma è davvero così? In realtà il film sembra composto non da due versioni a contrasto, ma da due variazioni nate dalla medesima esigenza ludica.
La panoramica digitale in apertura è una dichiarazione, se non di falso, di raggelamento del genere; potrebbe anche essere una stoccata alle generiche rappresentazioni urbane tipiche dell’action da piattaforma, riconoscibili dall’estetica levigata e stereotipata. Tanta grandeur metropolitana viene immediatamente contraddetta dalla laconicità delle scene seguenti – che vedono Kitano nei panni del sicario Mouse – ambientate in interni circoscritti e dalla qualità stranamente intima e surreale. Il distanziamento dalle convenzioni è attuato attraverso la stilizzazione: sequenze brevi ed ellittiche, separate da dissolvenze in chiusura; ripetizioni di situazioni e dialoghi (un “crampo meccanico”, come scrisse Bazin a proposito di Chaplin); personaggi dall’espressione attonita, spesso bloccata in un’imitazione di freeze frame.
Assai distante dal “violento film d’azione” millantato da Amazon, l’episodio si gioca sulla sottrazione, su allusioni (alle spalle di Mouse c’è una grossa libreria zeppa di manga, che nella seconda parte gli cadrà letteralmente addosso; il cinema schiacciato dal fumetto?) e su micro-coreografie gestuali, in particolare movimenti all’unisono.

Kitano prende in giro i codici del genere, sfruttando il ralenti (nell’omicidio in piscina) o accompagnando, per contrasto, scene anticlimatiche con una drammatica colonna sonora per archi. Incentrata sul paradosso e su gag autoreferenziali, la prima metà trova il suo compimento nell’assurdo e nell’astrazione metacinematografica della seconda (denominata spin-off), virata in un comico slapstick estremamente spezzato. I personaggi diventano figure da film muto, le scene si susseguono tra nonsense, artifici, cartooneschi paradossi; e si prova tenerezza per l’infallibile killer smitizzato dal corpo-Kitano ormai avanti con gli anni, dal passo affaticato e dallo sguardo malinconico e alieno.

In Broken Rage le “due anime di Kitano”, che la critica ha sempre teso a separare (come se il Kitano comico fosse un ingombro per quello autoriale), si sovrappongono e si confondono: si percepisce una certa serenità dell’autore, pacificato e creativamente vitale.
Il film è un teatro di maschere, una messa in scena che esprime il desiderio di giocare con forme e linguaggi come forma di resistenza alle nuove modalità di fruizione contemporanee. Kitano lascia ampio spazio alle “spezzature”, ai vuoti, alle ellissi, interrogandosi sul nuovo ruolo dello spettatore, sottoposto alle distrazioni della visione casalinga e libero di interrompere la visione per uno scambio di commenti (che il regista si diverte a visualizzare).
I camera-look di Broken Rage sono numerosi, fino all’ultima immagine finale che riduce Mouse a uno squittio. Un saltimbanco che, come nella poesia di Palazzeschi, chiede di divertirsi in un mondo che non ha più nulla da chiedere ai poeti.

Lascia un commento

Nubi Fluttuanti è un progetto di Marcella Leonardi dedicato al cinema giapponese classico e contemporaneo.
Nubi Fluttuanti is a project by Marcella Leonardi dedicated to classic and contemporary Japanese cinema.