LOOK BACK (Rukku bakku, 2024), Kiyotaka Oshiyama

Look Back, anime di grandissimo successo in Giappone, amato da pubblico e critica nonostante un’iniziale distribuzione limitata, è finalmente giunto in Italia sulla piattaforma Prime che ne detiene i diritti a livello mondiale. Si tratta quindi di un’occasione imperdibile per scoprire un’opera che imprime una nuova direzione all’animazione giapponese, con un lavoro di minuziosa artigianalità e delicata poesia. Il film è la trasposizione dell’omonimo manga di Tatsuki Fujimoto; il regista ha lavorato con un team ridotto e tempi ristretti, condizioni che ne hanno determinato la durata di 59 minuti. Eppure, nel suo breve respiro, Look Back attraversa due vite e racchiude, in scene fuggevoli e talvolta prive di dialogo, il tumulto emotivo del crescere, la scoperta dell’amore e delle gioie spontanee, oltre alle responsabilità che la vita comporta. Si tratta di una storia apparentemente semplice, “ordinaria” nel senso più alto ed universale del termine: una vicenda in cui affiorano sentimenti e scoperte essenziali della vita umana, tradotti in animazione intimamente personale, fatta di ellissi, voragini emotive e coloristiche, afasie e improvvise aperture alla luce.

Per giungere ad un racconto allo stesso tempo naturale e complesso, cangiante e manifestamente devoto alle aporie della vita e dell’arte, il regista Oshiyama ha messo a frutto le sue esperienze nell’animazione: già collaboratore per Masaaki Yuasa e Hayao Miyazaki (Devilman CryBaby, Arrietty, Si alza il vento, Il ragazzo e l’airone), Oshiyama sembra aver lasciato confluire nella propria arte differenti stili e metodi di lavoro per creare un anime originale e perfettamente aderente alla condizione dello spirito contemporanea. Non solo il suo disegno attinge alla forte espressività delle linee di Yuasa, volutamente disarmoniche e protese verso un’estetica non convenzionale; ma questa tensione si somma a un’uguale e contraria forza classicista, tipica dello studio Ghibli e presente nello studio del colore, delle forme, degli sfondi estremamente dettagliati. Lo stile di Oshiyama contiene in sé due anime e il risultato è un disegno tanto fresco quanto emblematico di un presente bipolare e sfuggente, in cui la durezza del vivere – con il suo cinismo, gli antagonismi, i miti della produttività e del successo – genera fragilità e insicurezze, paure ancestrali e rifiuto sociale, isolamento e afasia affettiva.

In un mondo in cui sembra sempre più difficile pronunciare parole d’amore, le protagoniste Fujino e Kyōmoto trovano un linguaggio comune: quello del manga. Nel disegno le due giovani intravedono uno strumento di comunicazione e un riscatto artistico nei confronti di un presente arido e massificante. Fujino, più combattiva e dominante, trova il suo controcanto nella debole, ma sensibile e talentuosa Kyōmoto, che vive segregata per paura del mondo esterno. Il manga diviene allo stesso tempo prigionia ed evasione: le lunghe ore chiuse insieme a disegnare spalancano anche la porta alla luce dei sentimenti e a coraggiose fughe attraverso la folla. Oshiyama (regista ma anche sceneggiatore, autore del character design e della maggior parte dei disegni) crea le sue scene più belle forse proprio in queste esplosioni sentimentali tra strade affollate, treni in corsa, paesaggi al tramonto. Il suo studio della luce, modulato sull’intensità delle emozioni delle ragazze, dà vita a immagini in cui l’amore diventa letteralmente un bagliore d’oro. I contrasti tra il buio e la luce, i cupi grigi della solitudine e l’accensione coloristica delle sequenze in cui Fujino e Kyōmoto sono insieme, fanno di Look Back una delle opere più vere e struggenti sui rapporti umani, in particolare giovanili.

Look Back, inoltre, non idealizza né riduce a mera banalità la relazione tra le due ragazze: si tratta di un legame con le sue ombre, le ambiguità (come la possessività di Fujino e l’acquiescenza di Kyōmoto) e per questo ancor più commovente e vera. Il film non smette di interrogarsi, di affrontare dolorosi dilemmi interiori, e soprattutto di vivere la dimensione temporale in forme interiori e inconsce: la memoria e la realtà sembrano confondersi e intersecarsi; ipotesi immaginarie diventano più vere del vero; il desiderio vince la cupa realtà, e su tutto si eleva la forza assolutrice dell’arte, che ricompone dissidi e perdona gli errori.
Sembra aleggiare, su tutto, lo sguardo di Satoshi Kon, la sua consapevolezza degli inganni del reale e la sua fede nelle dimensioni parallele. Nel mondo di Fujino e Kyōmoto il passato, il presente e il futuro comunicano tra loro. Un “oltre”, al di là della vita, avvolge l’esperienza umana. Oshiyama non cela la disperazione, e talora l’orrore del vivere: ma una speranza avvolge tutto, ed è una trascendenza che ha il tratto artigianale di una matita, l’immediatezza di uno schizzo, l’emozione di una vignetta che vince il dolore, e anche la morte.

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