BEYOND THE INFINITE TWO MINUTES (Droste no hate de bokura, 2020), Junta Yamaguchi

Kato, proprietario di un bar, fa una bizzarra scoperta: il televisore del locale mostra improvvisamente immagini del futuro, ma in anticipo di soltanto due minuti.

C’è sempre qualcosa di incredibilmente eccitante nel cinema realizzato con pochi mezzi, soprattutto quando è espressione di un candore ed entusiasmo giovanili. Un film come Beyond the infinite two minutes, così come il suo ideale antecedente One Cut of The dead (2017, Shin’ichirō Ueda), si propone come alternativa anarchica ai prodotti delle major e al sistema produttivo dell’industria cinematografica giapponese contemporanea, ultimamente al centro di numerose polemiche per via del suo malsano ambiente di lavoro, in cui gli abusi di potere e le molestie sessuali vengono denunciati sempre più frequentemente.

Il film è stato presentato nel 2020 al Tollywood, uno dei tanti mini-theaters giapponesi ai quali è affidata una importantissima funzione culturale – quella di diffondere un cinema “piccolo”, indipendente, svincolato dalla politica dei grandi Studio. La prima proiezione, di fronte a un pubblico di sole dodici persone (a causa delle restrizione imposte dalla pandemia) viene ricordata dal regista Yamaguchi come qualcosa di profondamente surreale. Ma l’opera inizia a scorrere nelle vene del sistema distributivo, incontra spettatori sempre più entusiasti, al punto che la Toho decide di programmarla capillarmente nella sua catena di sale. Il successo cresce esponenzialmente, con nomination e riconoscimenti da parte di Festival quali Sitges, Montreal e il nostro Fantafestival.

In realtà Beyond The Infinite two minutes non nasce da improvvisazione, ma è la trasposizione cinematografica di uno dei progetti della compagnia teatrale indipendente Europe Kikaku, fondata nel 1998 e diretta da Makoto Ueda. Il film nasce quindi nel contesto di una pratica artistica già “sovversiva” e ai margini delle produzioni dominanti.
Attratto dal fantastico, dal surreale e dallo studio di strutture formali ingegnose e originali, il gruppo intravede nel cinema un’ulteriore possibilità creativa in cui riversare la propria vena particolare. Junta Yamaguchi, membro di Europe Kikaku dal 2005 come regista e cameraman, nel 2020 assume il controllo creativo del film (scritto da Ueda) che viene girato a bassissimo budget in una sola settimana.

“Manifesto” di cinema profondamente immaginifico e ludico, innamorato della fantascienza classica così come dell’opera di cineasti quali Hitchcock e Zemeckis (Yamaguchi ha dichiarato di essersi ispirato principalmente a Back to the future per il meccanismo temporale e a Nodo alla gola per le riprese in piano-sequenza), il film inventa “l’infinito in due stanze”. Girato in interni separati da una scala – che ha valore metaforico di attraversamento spazio/temporale – Beyond the Infinite two minutes è sorprendente per l’infallibile struttura matematica che lo presiede, ma anche per la naturale predisposizione alla commedia del regista. Il gimmick dello scarto temporale viene utilizzato per una serie di gag seriali ma mai ripetitive, che realizzano un “teatro dell’assurdo” all’interno di un impianto paradossale.
Il protagonista, assieme al gruppo di amici, sembra davvero “aspettare Godot” nell’attesa di un futuro che si mostra e fugge, in una perpetua involuzione temporale in cui passato e presente si confrontano senza che ne scaturisca un vero movimento.
La Time Tv, come tutte le immagini televisive, offre un’inquadratura circoscritta e parziale, priva delle variabili del “fuori campo”; e la visione del futuro obbliga a comportamenti condizionati, mostrandosi tutt’altro che liberatoria.

Non c’è una vera evoluzione nell’avventura di Kato ma un eterno rispecchiamento di micro-eventi l’uno nell’altro, una mise en abyme – l’effetto Droste del titolo – che induce nello spettatore una bizzarria percettiva, la sensazione irrazionale di una “stasi in movimento”. Cinema ludico e per questo serissimo, Beyond the Infinite two minutes è uno scherzoso vaudeville filosofico: Yamaguchi e Ueda ci fanno sorridere del nonsense dei comportamenti umani – bloccati in una coazione a ripetere – e delle esilaranti pantomime che mettiamo in scena per fingere una volontà individuale.
Tra le trovate geniali spicca in particolar modo la “polizia del tempo” accorsa per porre rimedio al buco spazio-temporale: una coppia comica, dai movimenti all’unisono, che ricorda la milizia ottusa di Fahrenheit 451 ma con un tocco di stralunato surrealismo à la Roy Andersson.

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