[Please scroll down for the English version]
La vita artistica e amorosa del duo “Tsuruhachi e Tsurujiro”, composto dall’affascinante e umorale cantante Jirō e dalla suonatrice di shamisen Tayo, innamorati ma costantemente in lotta per questioni futili. Attratti l’uno dall’altra nonostante i litigi, i due non riescono a confessare i propri sentimenti; ma quando Tayo decide di sposare il benestante Matsuzaki, Jirō vive una profonda crisi…
Basato su un racconto dello scrittore Matsutarō Kawaguchi (autore del successo Aizen Katsura e frequente collaboratore di Mizoguchi), ma anche sul film Bolero (1934) di Wesley Ruggles, Tsuruhachi and Tsurujiro è un singolare esperimento per Naruse, che effettua uno studio dei codici del cinema americano per raccontare una storia tipicamente giapponese. La vicenda di uomo e una donna reciprocamente attratti, ma incapaci di manifestare i propri sentimenti se non con infuocate schermaglie amorose, ricorda le screwball comedies hollywoodiane; e non è difficile rintracciare negli scontri tra Kazuo Hasegawa e Isuzu Yamada elementi di modernità brillante e caustica, come accadeva oltreoceano con la coppia Clark Gable – Claudette Colbert o altri divi delle commedie americane dell’epoca.
Nel 1938 Kazuo Hasegawa è all’apice della sua fama; sebbene solo un anno prima avesse subìto un attacco che gli provocò una profonda ferita al volto (si ipotizzò che il violento incidente fosse una vendetta della Shochiku contro il tradimento del divo, trasferitosi alla Toho), la sua aura di fascino magnetico in Tsuruhachi and Tsurujiro è intatta. Naruse ne esalta la bellezza carismatica con una luce soffusa che si irradia dalla sua presenza, secondo un tipico procedimento hollywoodiano. A Hasegawa si contrappone, con grande equilibrio, Isuzu Yamada, appena ventunenne e perfettamente a suo agio nell’interpretare un personaggio femminile libero e ostinato. Tsuruhachi and Tsurujiro è il primo film che li vede insieme e segna l’esordio di una delle coppie più amate del cinema popolare.


Caratteristico del film, che ha breve durata, è l’utilizzo, già riscontrabile nel bellissimo ed enigmatico incipit, di frequenti dissolvenze. Queste transizioni in successione non vengono utilizzate in funzione temporale, quanto per stabilire il rapporto emotivo tra Toyo e Jirō: i due vivono all’interno di una successione di abitudini quasi automatiche (comprese le numerose sigarette). Senza saperlo, la coppia è in una relazione simbiotica sottolineata dai numerosi movimenti all’unisono e da una somiglianza che a tratti diviene anche fisica. Hasegawa e Yamada sono magnifici nel procedere per “imitazione” reciproca: i litigi, di solito scaturiti dalle critiche di Jirō, si evolvono come gag comiche e scambi infuocati di battute, dove Toyo e Jirō diventano l’uno lo specchio dell’altro. Le smorfie di sfida e disappunto, le scintille verbali si alternano secondo un collaudato e reiterato script, in cui si cela l’incapacità dei due di scambiarsi tenerezze.

Sebbene Naruse, in questo film, faccia spesso uso di tecniche hollywoodiane, come i dolly in avanti sul volto di Jirō per sottolinearne il carattere introverso e pensoso, o i ritmati campi/controcampi durante i litigi (perfettamente alternati e “democratici”), non mancano squisite scene in cui il regista esprime, con finezza, il proprio tocco autoriale. Si pensi alle esibizioni nel teatro, con i due protagonisti sul palco, in un fluire di diverse prospettive legate da montaggio invisibile; e soprattutto alle numerose inquadrature dedicate agli spettatori e alle loro reazioni, talora appassionate, altre volte annoiate o incuriosite. Lo spettacolo teatrale, in Tsuruhachi and Tsurujiro, è filtrato attraverso sguardo del pubblico.
Sono presenti momenti di pura comicità, come talvolta accade inaspettatamente nel cinema di Naruse; impagabile la scena in cui Jirō, deciso a sostituire Toyo, fa un’audizione a un’altra suonatrice di shamisen, risultante in un’esilarante sequenza di gag fisiche e gestuali: l’espressione di Jirō nell’ascoltare le stonature, il gesto nervoso con cui fuma una sigaretta dopo l’altra mentre la ragazza si accanisce sullo strumento.

Straordinaria anche la scena (una manciata di secondi) in cui il ricco Matsuzaki chiede a Toyo di sposarlo. Il riflesso spirituale dell’acqua, la composizione con Toyo in evidenza e Matsuzaki in posizione di “dipendenza”, incorniciato dalla quadrettatura della finestra, e infine la casuale disinvoltura con cui un argomento cruciale viene esaurito in poche battute, esemplificano in modo luminoso quella narrazione anticlimatica di cui Naruse era un maestro.
E non manca il più classico dei topoi di Naruse, la passeggiata nel bosco, dove Jiro e Toyo rivelano i propri sentimenti. Tutti gli elementi naturali sembrano accogliere e magnificare le emozioni degli innamorati: le brume, lo scorrere dell’acqua, la luce misterica, l’assenso silenzioso delle statue.


Tsuruhachi and Tsurujiro vede, infine, un importante slittamento dello sguardo del regista sul protagonista maschile, mentre Toyo – sebbene straordinariamente definita con pochi sensibili tocchi – resta ai margini del racconto. Questa inedita focalizzazione sulla figura maschile è certamente dovuta alla presenza di Hasegawa, che ci regala un Jirō complesso, irrisolto, contraddittorio e indeciso come tanti personaggi femminili. Formatosi nel teatro kabuki e ammirato nei ruoli di onnagata, Hasegawa riesce a dar vita a un protagonista mai banale, pensoso e tormentato, non dissimile dalle tipiche anti-eroine del regista, perdenti ma dotate d’una silenziosa grandezza.
Il finale, aperto e moderno, tradisce il pessimismo di Naruse dopo il ludico rendezvous con i codici di Hollywood. Il regista aveva sposato l’attrice Sachiko Chiba l’anno prima, nel 1937; il matrimonio si concluse infelicemente nel 1940, e può darsi che l’esperienza personale abbia influito sul tono dell’opera e sulla raffigurazione di Jirō. In un successivo film autobiografico, Anzukko (1958), Naruse riproporrà uno spiacevole ritratto di sé e in generale dell’inaffidabilità della figura dell’artista, incapace di tenerezza e frustrato dalle proprie ambizioni.
© Riproduzione riservata
English version
The artistic and romantic life of the duo “Tsuruhachi and Tsurujiro,” composed of the charming and temperamental singer Jiro and the shamisen player Tayo, who are in love but constantly feud over trivial matters. Attracted to each other despite their arguments, the two are unable to confess their feelings; but when Tayo decides to marry the wealthy Matsuzaki, Jiro experiences a profound crisis…
Based on a short story by the writer Matsutarō Kawaguchi (author of the hit Aizen Katsura and a frequent collaborator of Mizoguchi), as well as on the film Bolero (1934) by Wesley Ruggles, Tsuruhachi and Tsurujiro is a unique experiment for Naruse, who explores the codes of American cinema to tell a quintessentially Japanese story. The story of a man and a woman mutually attracted to each other, yet unable to express their feelings except through heated arguments, recalls Hollywood screwball comedies; and it’s not difficult to detect elements of brilliant yet caustic modernity in the clashes between Kazuo Hasegawa and Isuzu Yamada, similar to those seen overseas with the Clark Gable-Claudette Colbert duo or other American comedy stars of the time.
In 1938, Kazuo Hasegawa was at the height of his fame; although only a year earlier he had suffered an attack that left him with a deep facial wound (it was speculated that the violent incident was Shochiku‘s revenge for the star’s betrayal, having moved to Toho), his aura of magnetic charm remains intact in Tsuruhachi and Tsurujiro. Naruse enhances his charismatic beauty with a soft light that radiates from his presence, in a typical Hollywood fashion. Hasegawa is countered, with great poise, by Isuzu Yamada, just twenty-one years old and perfectly at ease playing a free-spirited and headstrong female character. Tsuruhachi and Tsurujiro is their first film together and marks the debut of one of the most beloved couples in popular cinema.
A hallmark of the short film is its use of frequent dissolves, already evident in the beautiful and enigmatic opening. These successive transitions are not used for temporal purposes, but rather to establish the emotional bond between Toyo and Jirō: the two live within a succession of almost automatic habits (including numerous cigarettes). Unknowingly, the couple is in a symbiotic relationship, underscored by their numerous movements in unison and by a resemblance that at times becomes even physical. Hasegawa and Yamada are magnificent at their mutual imitation: the arguments, usually sparked by Jirō’s criticisms, evolve into comic gags and heated exchanges, where Toyo and Jirō become mirror images of each other.
Although Naruse often uses Hollywood techniques in this film, such as the forward dolly shots on Jirō’s face to emphasize his introverted and pensive nature, or the rhythmic shots/reverse shots during arguments (perfectly alternating and “democratic”), there are also exquisite scenes in which the director subtly expresses his own auteur touch. Consider the theater performances, with the two protagonists on stage, in a flow of different perspectives linked by invisible editing; and above all, the numerous shots dedicated to the spectators and their reactions, sometimes passionate, other times bored or intrigued. The theatrical performance, in Tsuruhachi and Tsurujiro, is filtered through the audience’s gaze.
There are moments of pure comedy, as sometimes unexpectedly occurs in Naruse’s cinema; priceless is the scene in which Jirō, determined to replace Toyo, auditions another shamisen player, resulting in a hilarious sequence of physical and gestural gags: Jirō’s expression as he listens to her out of tune, the nervous gesture with which he smokes one cigarette after another while the girl plays the instrument.
Also extraordinary is the scene in which the wealthy Matsuzaki asks Toyo to marry him. The spiritual reflection of the water, the composition with Toyo prominently featured and Matsuzaki in a “dependent” position, framed by the window’s grid, and finally the casual ease with which a crucial point is exhausted in a few lines, brilliantly exemplify the anticlimactic narrative of which Naruse was a master.
And the most classic of Naruse’s topoi is not missing, the walk in the woods, where Jiro and Toyo reveal their feelings. All the natural elements seem to welcome and magnify the lovers’ emotions: the mists, the flowing water, the mysterious light, the silent assent of the statues.
Tsuruhachi and Tsurujiro sees a significant shift in the director’s focus on the male protagonist, while Toyo — though extraordinarily well-defined with a few sensitive touches — remains marginalized. This unprecedented focus on the male figure is certainly due to Hasegawa’s presence, who gives us a complex, unresolved, contradictory, and indecisive Jirō, like many female characters. Trained in kabuki theater and admired for his onnagata roles, Hasegawa manages to create a protagonist who is never banal, thoughtful, and tormented, not unlike the director’s typical anti-heroines.
The open and modern ending betrays Naruse’s pessimism after his playful rendezvous with Hollywood codes. The director had married actress Sachiko Chiba the year before, in 1937; The marriage ended unhappily in 1940, and personal experience may have influenced the tone of the work and the portrayal of Jirō. In a later autobiographical film, Anzukko (1958), Naruse would present an unpleasant portrait of himself and of the general unreliability of the artist, incapable of tenderness and frustrated by his own ambitions.






















Lascia un commento